Io non sono riuscita ad andare, ma pubblico volentieri la recensione di chi ha partecipato all'evento:
Domenica presso "il Barone di Porta Romana" si è tenuto il pranzo messicano organizzato da keBuono, l'associazione culturale che sta costruendo (presto sarà online il sito) un social network sulla gastronomia, pensato come un luogo per scambiare conoscenze, emozioni e notizie sulla gastronomia (ricette, eventi, notizie, ristoranti, incontri, ecc.).
Al pranzo a buffet hanno partecipato un centinaio di persone (compresi diversi messicani e una super tavolata di bimbi!) forse troppe visti i problemi iniziali per trovare posto a tutti. I presenti hanno potuto degustare piatti messicani che difficilmente si trovano fuori dal Messico, la cui origine è stata descritta all'inizio del pranzo.
Per esempio il pozole (foto): zuppa di carne di maiale e chicchi di mais, un mais dai chicchi grossi come castagne e che viene preparato con l'antichissimo metodo della "nixtamalizzazione" (che le popolazioni preispaniche facevano cuocendo il mais con cenere vulcanica) che ammorbidisce i chicchi e libera proteine e vitamine; in europa non veniva effettuato, e a ciò si devono le epidemie di pellagra comuni nelle zone come il nord Italia dove il mais era la base dell'alimentazione contadina. O anche la "Capirotada" dolce di pane, sciroppo di canna, frutta candita e frutta secca, di origine araba (in Italia si mangiava nel '500) arrivato in Messico (dove tutt'ora è diffuso) con gli spagnoli.
Come bevande hanno servito "agua de jamaica" (acqua aromatizzata ai fiori di ibisco) e "cafè de olla" caffè (mooolto lungo...) aromatizzato con cannella e chiodi di garofano.
keBuono sta organizzando altri eventi gastronomici che segnalerà nelle prossime settimane.
francamente leggere la descrizione delle vivande non mette gran voglia di assaggiarle. Forse si sta diffondendo un'esagerata voglia di "esotico" e "etnico": che bisogno c'è di mmangiare a Firenze l'acqua aromatizzata con l'ibisco o la zuppa di carne di maiale con il mais? Non mi paiono invitanti e non ho proprio la curiosità di provarle. Mentre non si trova più una zuppa di farro decente, una pappa al pomodoro non globalizzata .... Capisco i messicani che vivono a Firenze e possano aver voglia dei loro sapori ma non mi dite che un fiorentino ha voglia di mangiare quei piatti....
RispondiEliminaSilvia
Silvia, forse hai ragione, è sbagliato ricercare "l'esotico" ad ogni costo, però credo che sia uno sbaglio peggiore fare come il sindaco di Lucca che settimane fa ha proposto di vietare i locali etnici nel centro storico perchè lì dovevano esserci solo locali della "tradizione"...
RispondiElimina"esotico" ed "etnico" sono parole che non mi piacciono molto, sanno di esploratore ottocentesco o di compagnia delle indie.
E' molto importante secondo me conoscere e salvaguardare la tradizione perchè fa parte dell'identità culturale di ognuno di noi, ma la società, e con essa l'alimentazione e le tradizioni evolvono...
Hai mai pensato che il pomodoro viene proprio dal Messico? "una pappa al pomodoro non globalizzata" è un controsenso, perchè per fortuna la nostra tradizione gastronomica è nata dall'incrocio di mille contributi. Se in passato non avessimo assimilato gli ingredienti "esotici" (spezie, pomodoro, patata, mais, tacchino, fagioli, peperoncino, zucchero, cacao, caffè...) come sarebbe la nostra grastronomia tradizionale di oggi?
L'acqua aromatizzata con l'ibisco poi la trovi alla Coop sotto casa: è il the di karkadè...
ciao, flavio
@ Flavio
RispondiEliminaBel commento, mi trovi d'accordo.
Più in generale penso che l'idea di questa cena fosse quella di dare l'opportunità di assaggiare la cucina di "casa" messicana, un po' come i ramen giapponesi.
Noi siamo abituati malino, mi sa ;-)
Chicchi di mais grossi come castagne?!?
RispondiEliminaMa quanto e' grande la pannocchia?!? O__o
Io ho avuto la sensazione opposta a Silvia... mi son detta: ma guarda bellino, invece che la solita roba da ristorante messicano dei piatti tradizionali! Che poi i piatti "poveri" di casa nostra siano spesso cent'ori rispetto ai piatti poveri di altri paesi (ma penso al nord europa piuttosto che al centro america) potrà anche esser vero, ma io sono una di quei fiorentini che ha sempre voglia di provare. Non si sa mai :-)
RispondiEliminaQui si entra in discorsi assai complessi. Sicuramente va preservata la tradizione culinaria di ciascun popolo, proprio per questo mi preoccupo quando vedo che nessuno sa più cucinare le ricette che faceva mia nonna. Vai a Venezia e per trovare un fegato alla veneziana decente ce ne vuole, però in compenso è pieno di ottimi kebab shop. Le tradizioni evolvono, è vero, ma del pangasio sentivamo il bisogno? Lo scambio "alimentare" è diventato oggi frenetico e i ragazzi non sanno più quali sono le verdure e la frutta di stagione, quali sono i piatti tipici della regione dove sono nati .... Il sindaco di Lucca penso abbia voluto esprimere questa preoccupazione, spariscono ristoranti come Giulio in Pelleria ma aprono decine di etnici appunto, la preoccupazione è lecita. Tutto evolve, ma attenzione a non esagerare per difendere un'idea di progresso e fratellanza che lascia un po' il tempo che trova.
RispondiEliminaSilvia
Cara Silvia, su questo ti do ragione: come si diceva, bisogna anzitutto conoscere le proprie tradizioni, soprattutto ora che siamo bombardati da un unico modello culturale (e di consumo alimentare) omologante che cancella le voci locali. Benvengano la zuppa di farro e la pappa col pomodoro (è vero: è sempre più difficile trovarne di buone... qualcuno ha da segnalare qualche posticino?), però attenzione a non cadere nel narcisismo tipo "che bisogno ha un fiorentino di provare cose diverse". Secondo me per insegnare ai ragazzi il valore delle ricette della nonna occorre anche insegnargli l'apertura verso altre proposte: richiudersi nella "Confraternita della Vera e Unica Panzanella Tradizionale" può essere divertente ma se vogliamo che le nostre tradizioni siano conosciute e rispettate dobbiamo forse cominciare noi a conoscere anche quelle degli altri...
RispondiEliminaciao, Flavio
Arieccoci: si riapre il dibattito su "tradizione nostrana vs. cibi stranieri". Più giusto affrontarlo una volta di più. Ci sono ovviamente buoni punti a favore di una tesi e dell'altra. Vorrei però proporre dei parametri validi per tutti. In primo luogo la libertà di scelta. In secondo luogo una maggiore attenzione alla qualità ed al rapporto di qualità/prezzo di qualunque cibo e di qualunque esercente. Forse, a prima vista può non sembrare, ma i due parametri sono in stretta connessione. Mi spiego con un esempio: proibire un certo tipo di alimentazione in aree "particolari" delle città mi sembra un'idea un po' peregrina se non si stabiliscono degli standard di qualità. Ovvero chi ha detto che una zuppa di farro sia sempre e necessariamente un "buona zuppa" solo perché italianamente lucchese?
RispondiEliminaE chi dice che un bel ristorante straniero, una birreria viennese o un ristorante messicano, se offre prodotti di qualità, non possa impreziosire i nostri centri cittadini? Magari contrastando l'avanzata - questa si deleteria e pericolosa (anche per la salute) - dei fast-food, delle pizzerie a gogo', delle gelaterie fotocopia, ecc. ecc.
Insomma la libertà di scelta, facilità la concorrenza e la concorrenza - se basata su paramtri di qualità - dovrebbe essere a favore del consumatore. Spero.
bravo dvd, ottima sintesi.
RispondiEliminanon esistono cucine buone o cattive, ma piatti fatti bene o male.
Sul fatto che la distinzione più importante sia fra cibi buoni e cibi cattivi io credo che siamo tutti daccordo e sul fatto che sia ugualmente importante il rapporto qualità/prezzo pure. Io non discuto su questo, discuto sul fatto che oggi si dia tanta importanza a cibi (non li chiamerò etnici, nè esotici, se vi urta, vogliamo chiamarli inusuali, nuovi, particolari?)e si dimentichino pietanze tradizionali. E' un problema generale, non solo fiorentino. L'anno scorso sono andata a Berlino e trovare una birreria tipica tedesca dove facessero krauti, stinco ecc. è stata un'impresa perché ci sono ristoranti buonissimi di tutte le etnie possibili, ma le birrerie tipiche, quelle con la loro birra privata, stanno sparendo e, soprattutto, la popolazione locale non le conosce o perché appartiene alle più disparate etnie e quindi questi locali non interessano o perché preferisce andare in ristoranti italiani, croati, thailandesi perché trova la cucina più buona.
RispondiEliminaTrovo di una stupidità inaudita chi va all'estero e cerca il ristorante italiano, ma ugualmente non capisco chi a Firenze fa lodi sperticate di piatti stranissimi e non sa neanche che cosa sia il cibreo o non ha mai assaggiato la lingua in salmì.
Silvia
riparte il dibattito etnico versus cibo regionale :-)
RispondiEliminaio amo la cucina toscana, ma amo anche provare cose nuove, diverse.
soprattutto quando - e questo è il caso - non è un fast food con cibi solo superficialmente etnici e di bassa qualità, ma è qualcuno che per storia, origini, natura, conoscenze ha legami profondi con un certo Paese e vuole farne conoscere la vera cucina. i veri sapori.
credo che chi ha creato l'evento abbia voluto fare questo: mostrare la "vera" cucina messicana, povera, semplice e genuina.
per chi mangia tutti i giorni ribollita e fegatini, ben venga il maiale con il mais. Viva la libertà di cultura e la varietà :)
mi sento come annika.
poi con la stessa fermezza vorrei che certi posti tipici toscani non scomparissero, che non fossimo invasi da bettole spenna turisti dove il fegatino è "alleggerito" ad uso del turista, come direbbe Romanelli. dove i turisti si fanno togliere da certi piatti l'aglio o la cipolla.
e vorrei anche io come silvia che non diventasse impossibile trovare una buona ribollita, una buona bistecca o un peposo degno di questo nome.
ho il sospetto che l'impoverimento dell'offerta culinaria toscana non sia legata all'aumento di cibi inusuali. quanto a questioni di sfruttamento economico: fast food, kebab, gelati a cupola e pizze di gomma a taglio, costano poco e producono tanto cibo "pronto" a tutte le ore.
per le flotte di turisti che piombano sulla nostra città sono
purtroppo un'alternativa più comoda ed economica del cibreo.
(ammesso che questo sia il genere di posto che vogliamo promuovere).
io cerco di "scovare" e raccontare entrambi i posti. ma per natura MAI mi impedirei di provare una pietanza strana che proviene dall'altro capo del pianeta, solo perchè vivo nella Regione dell'olio bono e della ciccia :-)
@Nelli: quando Silvia parla del cibreo non si riferisce al locale, ma al piatto con rigaglie di pollo in fricassea.
RispondiEliminaovviamente sono d'accordo con Nelli, Flavio e STK...non si può imporre alla gente di mangiare la ribollita né impedire che piaccia il kebab.
credo che la ristorazione di qualità (se mantiene corretto il rapporto col prezzo) sia destinata a non soccombere ma la libertà di scelta è fondamentale (c'è chi non ha soldi...c'è chi non ha palato...)!!
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